
Tutti a scrutare il buio, in attesa. Cala il silenzio. La folla che trattiene il fiato. Poi il cielo notturno si illumina, gli occhi si riempiono di colori, nelle orecchie e nello stomaco rimbombano le esplosioni dei fuochi d’artificio tra gli “ooh” stupiti del pubblico e gli applausi. Una scena vecchia come la polvere pirica che ci regala sogni di fuoco che squarciano la notte da secoli. Una scena cui a molti di voi capiterà o è capitato di assistere anche in questa lunga estate. Mille anni fa, quando in Cina veniva inaugurata l’era dei giochi pirotecnici, i costruttori e progettisti di fuochi d’artificio erano considerati maghi in grado di scacciare gli spiriti malvagi con i loro spettacolari incantesimi. E d’altronde che altro avrebbero potuto essere quei fiori scintillanti che sbocciavano e bruciavano in pochi secondi dissolvendosi in nuvole di scintille e fiammelle se non magia? Da quando, poi, gli spettacoli pirotecnici si sono diffusi nel mondo, ogni cultura li ha assimilati, fatti propri, declinati in decine di sfumature e dedicati a feste e ricorrenze, a momenti di pubblica gioia in generale. Quella pirotecnica è una vera e propria arte con tanto di trattati. Nel 1540 venne pubblicata l’opera di Vannoccio Biringuccio, De la pirotechnia. Nell’opera l’autore descriveva i molteplici usi della polvere da sparo. L’autore poneva l’accento in particolare sull’uso bellico degli esplosivi, ma non mancava di sottolinearne l’impiego che se ne faceva per festeggiare le vittorie. A far scoppiare i fuochi d’artificio erano, in principio, gli stessi artificieri che facevano scoppiare bombe e mine in battaglia.