Esce il 30 marzo nelle sale italiane Ghost in the Shell, film fantascientifico statunitense diretto da Rupert Sanders, basato sull’omonimo manga (“fumetto” in giapponese) di Shirow Masamune del 1989. Nel film, Scarlett Johansson vestirà i panni del protagonista, il Maggiore, un cyborg militare che comanda la Sezione 9, un’unità antiterrorismo in un mondo ipertecnologico. In questo scenario si affaccia un nuovo nemico ostile al progresso della tecnologia robotica e cibernetica. Ma forse c’è in gioco qualcosa di più…
Non è la prima volta che Ghost in The Shell viene trasposto sul grande schermo. La saga in realtà ha goduto di un discreto successo, sebbene circoscritto agli amanti del genere, con molte rielaborazioni fino ad ora limitate al campo dell’animazione. Sono recentissimi ad esempio i Ghost in The Shell: Arise, quattro anime (“cartone animato” in giapponese) usciti tra il 2013 e il 2015.
E’ però la prima volta che il titolo diventa un live-action e con una produzione che unisce Paramount e Dreamworks. Sembra che stavolta sia pronto ad uscire dalla nicchia limitata dei fan di anime e manga per approdare verso un pubblico decisamente mainstream.
I protagonisti del Ghost in the Shell originale vivono all’interno di un mondo cyberpunk, vale a dire in un futuro in cui l’avanzamento tecnologico porta con sé una serie di contraddizioni. Negli episodi del manga, come in altri titoli di questo genere, è facile vedere convivere dispositivi all’avanguardia con situazioni di degrado economico e sociale.
Il vero senso della storia, tuttavia, può essere colto andando più a fondo, quando la robotica e l’intelligenza artificiale diventano una metafora per trattare questioni esistenziali, come la natura dell’anima e la distinzione tra esseri viventi e non.
La cosa più interessante sarà vedere cosa resta e cosa cambia dell’originale giapponese in questa nuova versione decisamente hollywoodiana. Dall’uscita del trailer non sono mancate le critiche, come per la scelta del cast, con molti protagonisti interpretati da attori non asiatici. Ma questi commenti riguardano solo l’aspetto esteriore del film. La vera posta in gioco, cosa resterà di tutto il profondo pensiero che Masamune è riuscito a trasmettere nella sua opera, si scoprirà solo al momento della proiezione.