
La mostra “Manet e la Parigi Moderna” al Palazzo Reale di Milano punta i riflettori su un evergreen della storia dell’arte: l’impressionismo. Oltre a Manet sono in mostra le opere di altri importantissimi esponenti come Monet, Renoir e Degas. E noi abbiamo colto l’occasione per frugare nella nostra ricca collezione d’arte alla ricerca di tele che potessero aiutarci a raccontare la storia di Manet & C. Tanto per cominciare, Manet era allo stesso tempo il padre dell’impressionismo e un impressionista sui generis.

Claude Monet, Impressione, levar del sole, 1872. Fu questo quadro a dare il nome agli impressionisti. Inizialmente il termine “impressionismo” venne usato dalla critica in maniera derisoria ma il gruppo di artisti cui si riferiva lo accettò di buon grado.
Per sfuggire dal pubblico tradizionalista e benpensante, a partire dal 1874, i primi impressionisti si riunirono per organizzare mostre in autonomia, al di fuori dell’orbita ufficiale del Salon. Eppure fu proprio Manet il grande assente delle mostre impressioniste! Pur sostenendo sempre il gruppo, la sua idea era che un artista potesse influenzare il proprio tempo soltanto attraverso la forza delle istituzioni non esponendo in mostre indipendenti.

Eduard Manet, Ritratto di Emile Zola, 1868. Un’altra cosa che a Manet non andava giù era il divieto di usare il nero. Gli impressionisti non usano mai quel colore nella tela, definendo i contorni con il semplice contrasto di colori e dipingendo le ombre usando il marrone, il blu scuro o il viola.
Altro impressionista “dissidente” fu Edgard Degas per le sue scelte artistiche in netta dissonanza con quelle tipiche della corrente. Degas rifiutò il plein air, per esempio, preferendo dipingere al chiuso o in studio. Preferì ricorrere alla memoria dei momenti, a volte aiutandosi con la fotografia. E niente figure dai contorni tremolanti per lui (pensate a Monet ad esempio): mantenne sempre un estremo rigore nel definire le forme dei soggetti.

Edgar Degas, Ballerine dietro le quinte, 1898. Degas invitò un giorno una ballerina nel suo studio e la fotografò in tre diverse pose. Saranno le stesse pose di ballerina che vedremo apparire in molti suoi dipinti. In questo sono presenti tutte e tre: sono le tre ballerine nella parte superiore.
La verità è che l’impressionismo è stato un movimento intenso e relativamente breve. Col passare degli anni, chi prima chi dopo, ogni membro prese una strada personale distanziandosi dallo stile impressionista. Lo stesso Renoir che fu uno degli esponenti più puri di questa corrente, cambiò drasticamente modo di dipingere dopo il suo viaggio in Italia nel 1882: anche le sue figure si fecero molto più nitide e scultoree, in uno stile d’ispirazione quasi neoclassica.

Pierre Auguste Renoir, Bagnanti, 1887. Il viaggio in Italia giunge in un momento di vera e propria crisi del pittore, che è convinto di non saper “né dipingere, né disegnare”. Da qui il suo cambiamento di stile.
Forse l’unico impressionista rimasto tale fino alla fine, fu Monet. Anche quando, nei primi del ‘900, le avanguardie sconvolsero la pratica artistica e la pittura stessa, continuò a dipingere le ninfee con lo stile che aveva interiorizzato e approfondito, realizzando veri e propri capolavori.
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In copertina: Eduard Manet, Piffero di Reggimento, particolare, 1866.