
Centinaia di milioni di copie vendute nel mondo, decine di film di successo e serie tv, capace di emanciparsi dal suo successo e reinventarsi. Parliamo di Stephen King, uno dei più prolifici autori del mondo, le cui storie gli hanno fatto guadagnare il soprannome di “Maestro dell’horror”. IT, uno dei suoi capolavori, dopo 30 anni dalla pubblicazione è stato trasposto in un lungometraggio – che sarà nei cinema italiani il 19 ottobre – con la regia di Andres Muschietti e Bill Skarsgård nei panni dell’entità demoniaca Pennywise. Dopo il successo negli Stati Uniti, dove IT è uscito nelle sale l’8 settembre conquistando il primo posto in classifica e ottenendo il record di incassi di sempre per un film horror.
Abbiamo intervistato Anna Pastore, editor italiana di King per Sperling&Kupfer che ci ha parlato del lavoro con questo grande autore e di come IT è ancora attuale tanti anni dopo.

La nuova copertina della versione italiana di IT
Anna, sei la editor di uno dei mostri sacri della narrativa. Ti sei sempre occupata di lui?
In qualità di editor, mi occupo di Stephen King da relativamente poco tempo e ho predecessori illustri: il suo attuale traduttore, Giovanni Arduino, con il quale ho lavorato alla Sperling.
Leggo King fin dagli esordi, lo conosco abbastanza bene, ma intervenire sui suoi testi, per quanto in fase di cura finale, è impegnativo. Il mondo letterario di King è completamente interconnesso e lavorare sui suoi testi significa essere capaci anche di riconoscere tutti i riferimenti interni alle sue opere. Inoltre, è un autore che gioca moltissimo con i registri linguistici, passando facilmente da un dialogo trash a una citazione colta. Come succede per esempio in uno dei racconti della raccolta Il bazar dei brutti sogni, dove a essere citato è T.S. Eliot: «Stava misurando gli ultimi anni di vita – magari poco più che mesi, a giudicare dal sangue che aveva iniziato a comparire nella tazza a ogni cagata – non in cucchiaini da caffè, ma in tombole.»
Com’è lavorare con uno scrittore prolifico come King?
Sorprendente. Negli ultimi anni, King ha dato alle stampe una trilogia hard-boiled, a partire da Mr. Mercedes, un racconto illustrato per bambini tratto dalla Torre Nera, un romanzo molto femminile scritto a quattro mani con il figlio Owen, Sleeping Beauties che esce a novembre da noi. Per non parlare delle serie TV e dei film, l’ultimo dei quali è It, mi sembra che se ne sia già parlato tantissimo, e non è ancora uscito in Italia.
Come si è evoluto lo stile e la produzione di King da IT alle opere più recenti?
In Misery, King fa dire al suo protagonista delle cose che lo riguardano. Sheldon, lo scrittore rapito dalla sua fan numero uno, rischia di farsi ammazzare perché ha fatto morire l’eroina dei suoi romanzi rosa vittoriani. E lo ha fatto perché è stufo di essere visto solo come un autore di genere, mentre i suoi libri mainstream non sono considerati né dal pubblico né dalla critica. Negli anni, King è riuscito a emanciparsi dal ruolo di scrittore esclusivamente horror, scrivendo romanzi come 22/11/’63, per esempio. Anche la sua scrittura si è arricchita di sfumature, non solo in termini di lingua ma anche dal punto di vista dell’indagine psicologica e sociale. Credo sia per questo che oggi si può rileggere un libro come It non solo per la sua componente horror, ma anche come folgorante racconto di formazione: pauroso, come possono essere l’infanzia e l’adolescenza, eppure delicatissimo e struggente.

Scritto a quattro mani con il figlio Owen, i King si sono immaginati un futuro in cui le donne quando dormono vanno in un altro mondo, lontano da quello degli uomini
It è uscito ormai 30 anni fa, quando il mondo era un posto diverso. Come si riflette quel mondo sulla realtà contemporanea?
Degli anni Ottanta si parla moltissimo in questo periodo, e le citazioni non si risparmiano, soprattutto nel mondo della fiction (penso per esempio alla serie TV Stranger Things, dove sarebbe divertente elencare i riferimenti proprio a King). Gli Ottanta hanno segnato la fine, molto tumultuosa, di un’epoca, quella della Guerra Fredda, e qualcuno può leggere It come il passaggio da un’età dell’innocenza a un’età molto meno magica e più cinica. Ma in realtà sono convinta che il motivo per cui It si può considerare un classico è che racconta un rito di passaggio comune a tutti. E lo fa scegliendo dei protagonisti che chiama Club dei Perdenti, vittime dei bulli (e il bullismo non è forse tremendamente attuale?), pieni di paure (la paura non è l’emozione dominante della nostra epoca?), e capaci di costruirsi una famiglia allargata che li protegge (la famiglia è una scelta). Sì, è un classico.

il trailer di lancio di IT ha bruciato ogni record di visualizzazioni in un singolo giorno. Nelle prime 24 ore, il trailer ha avuto 197 milioni di visualizzazioni, 81 milioni solo sulla pagina Facebook del film.
Pensi che il mondo di IT riuscirà a stregare i millennial?
Se i millennial hanno amato Harry Potter, penso di sì: non è forse la storia di un ragazzino diverso dagli altri che trova la strada di casa e con un gruppo di amici riesce a sconfiggere il male?