
Andreas Achmann fa parte del team di fotografi internazionali con cui Mondadori Portfolio collabora per progetti commerciali di rilievo, specialmente nel settore del food.
Residente a Monaco, Andreas è un fotografo versatile che lega la sua maestria con la macchina fotografica a una profonda cultura artistica.
Quando hai pensato per la prima volta di diventare fotografo?
All’età di 14 anni quando mi sono trovato in una camera oscura per la prima volta. Mio padre era un art director e ne aveva allestita una a casa. Rimasi incredibilmente affascinato dall’alchimia creata quando l’immagine si sviluppò in una foto reale. Poco dopo questo episodio, lessi il saggio “La chambre claire” di Roland Barthes che ha stimolato in me l’idea degli oggetti in decomposizione che possono essere conservati con il processo fotochimico. Questa idea primordiale è la quotidiana motivazione per il mio lavoro, nonostante l’enorme sviluppo della tecnologia dell’ultimo secolo.
In quale tipo di fotografia sei specializzato?
Preferisco la fotografia di still life. Le opere degli antichi Maestri olandesi sono sempre stati una fonte di ispirazione per me. I numerosi simboli e i dettagli enigmatici utilizzati in quei dipinti a olio e sui disegni sono senza precedenti. Nella fotografia di still life puoi prenderti il tempo di focalizzarti proprio sui dettagli ed avere così il totale controllo della luce e della composizione dello scatto.
Con quali camere e luci hai iniziato la tua carriera di fotografo e quali utilizzi attualmente?
La mia prima camera era una Linhof 45s. Quando ho finito gli studi sono andato a lavorare in una pescheria per mettere da parte i soldi e comprare una camera di seconda mano che costava allora una cifra enorme per me: di 2.500 marchi tedeschi ( approssimativamente 1.250 euro). Oggi lavoro con Phase One, Sinar e Nikon.
Come descriveresti il tuo stile?
Personalmente preferisco composizioni forti e chiare, dal contenuto esplicito. Il mio punto di vista per i lavori commerciali inizia sempre da un punto di vista estremo per poi scomporsi in un punto di vista più accessibile.
Quali fotografi ti hanno influenzato e come hanno influenzato il tuo pensiero, la tua fotografia e la tua carriera?
Hippolyte Bayard con la forza del suo auto-ritratto “L’annegato”, Brassai con le sue vivaci, incantevoli vedute di Parigi, Alexander Rodtschenko e Man Ray con le loro immagini potenti e forti. Ognuno di loro ha avuto influenza sul mio modo di vedere e interpretare. Ma a ispirare il mio lavoro non sono stati solo altri fotografi, il merito è anche di pittori e scrittori, principalmente modernisti classici.

Nella fotografia di still life puoi prenderti il tempo di focalizzarti proprio sui dettagli ed avere così il totale controllo della luce e della composizione dello scatto.
Come si vive a Monaco come fotografo?
Considerando che viaggio molto, sono sempre contento di tornare a Monaco, la mia città natale. Monaco è davvero una città vivace, vibra di creatività, ma è riuscita a preservare comunque un’atmosfera rurale. L’industria è ben sviluppata, così come l’editoria e il settore pubblicitario, è una città che gode di un’economia molto viva. Offre anche un bel panorama nel settore del design e dell’arte, ospita grandi mostre ed è ricca di gallerie. Personalmente, collezionando arte africana, è importante trovare altri collezionisti appassionati per condividere il mio interesse.